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Stop dal Tar al progetto di trasformazione delle colonie estive

Il fabbricato delle colonie realizzato negli anni 60 nella marina di Torre San Giovanni dalle suore della Congregazione delle Figlie della Carità non potrà essere convertito in un pubblico esercizio di ristorazione. E’ in questo senso il pronunciamento del TAR di Lecce che ha giudicato legittimo l’operato dell’ufficio tecnico comunale di Ugento, difeso in giudizio dall’Avvocato Antonio Quinto, che si era opposto alla realizzazione del progetto e ha rigettato il ricorso proposto dalla società locataria dell’immobile.

Il fabbricato, da tempo inutilizzato, è conosciuto da tutti i frequentatori della località balneare di Torre San Giovanni perché si estende su una superficie di ben 900 mq in un lotto di terreno di oltre 6.000 mq ed è situato a pochi passi dal mare.

I FATTI

Nell’estate del 2021 la società locataria dell’immobile, operante nel campo della ristorazione e del commercio, aveva presentato un progetto di ristrutturazione e riconversione dello stabile e dell’area scoperta per la realizzazione di un centro polifunzionale caratterizzato da un pubblico esercizio di ristorazione aperto al pubblico, un laboratorio di pasticceria per attività didattiche e un centro sportivo con campi da padel.

Gli uffici comunali avevano giudicato conformi alla disciplina dettata dal PRG vigente solo gli interventi volti alla creazione del centro sportivo e delle aule di formazione, ma non l’insediamento dell’attività di pubblico esercizio di ristorazione che, secondo il progetto, avrebbe interessato una parte rilevante del fabbricato e un’area esterna di oltre 600 mq e avevano quindi invitato la società proponente a rielaborare il progetto. Rielaborazione che, però, non è mai intervenuta perché la società ha impugnato il diniego comunale con ricorso al TAR rivendicando la fattibilità anche dell’insediamento commerciale. Il Comune di Ugento, difeso in giudizio dall’Avvocato Antonio Quinto, ha evidenziato che la zona in questione è destinata ad attrezzature di interesse comune, tra cui non rientrano i pubblici esercizi o i ristoranti, e che non è possibile superare questa regolamentazione semplicemente affiancando a tali attività quelle che sono tecnicamente ammesse, come le attività direzionali o sportive.

Con la sentenza di oggi i Giudici Amministrativi hanno ritenuto corretta la lettura del Comune perché il pubblico esercizio di ristorazione non rientra nelle attrezzature di interesse comune individuate dal PRG e non può essere considerato un servizio di tipo complementare o accessorio rispetto alle attività sportive e di formazione anche in considerazione delle rilevanti dimensioni.

“La decisione ha una portata generale – ha affermato l’Avv. Quinto – perché fornisce una interpretazione chiara di ciò che è insediabile nei nostri comuni in corrispondenza delle aree classificate nei PRG come zone F di interesse comune. In passato si è ritenuto di poter insediare supermercati, negozi e pubblici esercizi sol perché le norme tecniche fanno spesso riferimento anche ad attività commerciali, ma questo richiamo a ben vedere va riferito ai soli mercati di quartiere e non alle imprese commerciali di tipo privato. Queste non sono insediabili neanche in affiancamento alle attività tecnicamente ammesse in tutti quei casi in cui per la relativa consistenza finiscano per connotare l’intero intervento in senso commerciale”.

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