È stato ospite del Gruppo Adulti della Parrocchia “Trasfigurazione di N.S.G.C.” per un incontro tenutosi ieri sera, presso l’Oratorio di Via Casarano, <strong>don Antonio Coluccia</strong>, il prete anti-mafia.
Don Antonio ha raccontato la sua esperienza tra il clergyman e il suo impegno contro la criminalità organizzata.
Può sembrare strano, ma parte quasi da Taurisano l’<strong>impegno contro la criminalità </strong>e la <strong>mafia</strong> del <strong>presule</strong> quarantaseienne originario di <strong>Specchia</strong>, ripetutamente minacciato e intimidito, tanto da essere costretto a spostarsi sotto <strong>scorta </strong>da ormai <strong>molti anni</strong>.
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Lavorava presso il <strong>Commissariato</strong> di <strong>Pubblica Sicurezza</strong> di <strong>Taurisano</strong> lo zio, il <strong>Sovrintendente Capo Vito Coluccia</strong>, morto a 45 anni, l’8 gennaio 1996, <em>“in un violento incidente stradale</em>, mentre – come riporta il sito <a href=”https://www.cadutipoliziadistato.it/caduti/coluccia-vito/”>cadutipoliziadistato.it </a><em>– a bordo della Volante della quale era capopattuglia stava recandosi a prestare ausilio a personale del proprio Commissariato che aveva appena catturato un noto pregiudicato della zona. Quella sera una Volante del commissariato di Taurisano aveva richiesto ausilio poiché aveva individuato all’interno di un locale pubblico un pericoloso latitante. Nell’accorrere in ausilio dei colleghi, a causa dell’asfalto reso viscido dalla pioggia la vettura di servizio perse aderenza andando a scontrarsi contro il pilastro di un cavalcavia. Il sottufficiale morì durante il trasporto in ospedale”.</em>
Da questo episodio parte l’impegno del giovane Antonio, <strong>operaio</strong> di un calzaturificio di Tricase, che nel <strong>1996</strong> a <strong>21 anni</strong>, fonda un’<strong>associazione</strong> di <strong>volontariato </strong>per la tutela dell’ambiente e l’aiuto concreto ai disabili. A tutto questo hanno fatto seguito i viaggi in <strong>Bosnia-Erzegovina</strong> e in <strong>Albania</strong>, dove si portavano viveri a chi ne aveva bisogno. Lì, Antonio, ammira i sacerdoti nella loro attività di sostegno ed aiuto a chi aveva più bisogno, a chi era indifeso ed abbandonato da tutti.
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La vita di Antonio cambia a tal punto da farlo diventare <strong>don Antonio</strong>, giovane prete con un’idea quasi rivoluzionaria di Chiesa, che si spende per tutto e tutti senza sosta, uscendo dagli schemi canonici del solito “prete”.
Tutto questo porterà <strong>don Antonio prete</strong> a diventare <strong>don Antonio bersaglio</strong> della criminalità organizzata e delle mafie, soprattutto da quando, nel <strong>2012</strong>, da viceparroco a San Filippo apostolo sulla via Cassia, a Roma, fonda <strong>l’Opera don Giustino</strong> e apre una casa di accoglienza in una villa <strong>confiscata</strong> ad un <strong>esponente della Banda della Magliana</strong> alle porte di Roma.
Alle sue porte bussano tutti, chiunque ha bisogno di sentirsi amato ed a casa, poveri, emarginati, tossicodipendenti.
Sono molteplici gli <strong>“avvisi”</strong> che don Antonio Coluccia riceve: <strong>lettere con minacce di morte</strong>, <strong>agguati con pistola a piombini fuori dalla chiesa in cui opera</strong>, <strong>spari contro la sua auto</strong>. Il suo impegno non si ferma. Mai.
