Vai al contenuto
Home » “…E ama pure Angelica”. Sul palco, tra follia e verità, il racconto delle emozioni

“…E ama pure Angelica”. Sul palco, tra follia e verità, il racconto delle emozioni

Silenzio in sala. Le luci si abbassano. Il pubblico prende posto con quel misto di attesa e curiosità che precede ogni spettacolo. Dietro le quinte, il fiato si trattiene, i cuori battono all’unisono, le mani sudano e si stringono.
Poi, da dietro il sipario, tre voci forti e unite squarciano il silenzio:
“Merda! Merda! Merda!”
È il grido rituale, scaramantico, che ogni attore pronuncia prima di entrare in scena. Non porta sfortuna: al contrario, scaccia la paura. Dice: siamo qui, siamo pronti, siamo vivi.

E quando lo spettacolo prende vita, accade qualcosa che va oltre il teatro. È un’esperienza che tocca, che scuote, che resta.

Lo spettacolo “…E ama pure Angelica. Sulle tracce dell’Orlando Furioso”, portato in scena dagli studenti del Liceo Scientifico e Linguistico “Antonio Vallone” di Galatina, è molto più di un saggio scolastico. È un atto poetico, collettivo, contemporaneo. È un grido, un canto, una riflessione. È arte vera.

Orlando impazzisce per amore, ma a perdere il senno non è solo lui. È un mondo che rincorre guerre, potere, egoismi. Il celebre episodio in cui Astolfo recupera il senno sulla luna diventa una metafora attualissima: oggi più che mai, serve il coraggio di andare lontano per ritrovare ciò che conta. Non solo la ragione, ma l’empatia, la misura, la memoria.

Il poema di Ariosto si reinventa grazie alla potenza dei linguaggi moderni: musica dal vivo, testi originali, movimento scenico, voce, gesto, costumi artigianali. L’opera fonde parola antica e verità giovane. Si canta, si combatte, si ama.

E c’è spazio anche per l’attualità sociale: la guerra non è solo duello tra paladini, ma quella reale, che distrugge popoli e speranze. Angelica e Bradamante non sono più comparse sentimentali, ma donne protagoniste, libere, forti. Il teatro diventa così voce per la parità, riflessione sulle identità, lente nuova per guardare la storia — e il futuro.

Ma ciò che rende unica quest’esperienza è il gruppo. I ragazzi e le ragazze che salgono sul palco non fingono: vivono. La finzione è solo un pretesto per cercarsi, raccontarsi, ritrovarsi. Alcuni sono prossimi alla maturità, ma lì, davanti a tutti, diventano pienamente loro stessi. La “Compagnia del Vallone” e la band “i Fuoriclasse” sono famiglia, il palco è casa, e la passione è ciò che li unisce.

Le docenti (Maria Rosaria Campa, Caterina Parlangeli, Alessandra De Paolis, Gianna Sodo, Roberta Romanello e Maria Rachele Carratta) non fanno solo da guida: sono testimoni, compagne, complici. “Abbiamo imparato anche noi da loro” — hanno detto. E in platea, anche molti ex studenti ad applaudire con orgoglio, a dimostrazione che il legame con la scuola non si esaurisce con un diploma.

La Dirigente scolastica Angela Venneri , rivolgendosi ai “suoi” ragazzi ha voluto ricordare con lucidità e affetto: “Su questo palco ci sono studenti vincitori di premi scientifici, eccellenze del nostro istituto. Eppure oggi li vediamo vivi nell’arte, capaci di fondere logica e bellezza, numeri e emozione. Questa è la nostra scuola.”. Il grazie a tutta la scuola che, ognuno nei propri ruoli, ha reso possibile questo momento ed un grazie anche alle docenti che si sono impegnate ben oltre il loro ruolo istituzionale ad accompagnare gli studenti in questo viaggio.

L’emozione non si riusciva a trattenere, così come anche testimoniato dal Sindaco di Galatina, Fabio Vergine.
“Grazie. Con questo spettacolo avete scritto un pezzo di storia culturale della nostra città – ha sottolineato il Primo Cittadino – e lo avete fatto con il vostro talento, la vostra passione e la vostra verità. La nostra terra ha bisogno di voi. E voi ci siete.”

Ognuno dei ragazzi meriterebbe di essere nominato, per il talento, l’impegno e il cuore che ha messo in ogni prova, in ogni nota, in ogni parola come è stato fatto al termine dello spettacolo.
Ogni nome riecheggerà da questa sera e per sempre, tra le mura della scuola e del teatro, nei ricordi di chi c’era, nell’applauso che resta inciso nei cuori.

Un ringraziamento speciale va a Francesco, direttore d’orchestra, anche lui maturando del “Vallone”, che ha saputo dare respiro e unità alla musica, e che — con voce ferma ed emozionata — ha ricordato come gli spettacoli del Vallone siano ormai un appuntamento atteso dalla comunità: un rito, una tradizione che resiste e si rinnova.

Perché il Liceo Vallone accoglie sempre i suoi figli, anche dopo che sono andati via. Lo dimostra la presenza, sul palco, di Paolo e Vincenzo, due ex studenti eleganti, ironici, profondamente legati a quella scuola che li ha formati e che oggi li ha riaccolti come parte viva di sé.

Ogni volta che il sipario si chiude, resta il buio. Ma non è silenzio. È eco. Di parole, di suoni, di occhi lucidi. È il segno che il teatro, ancora una volta, ha fatto il suo dovere: toccare l’anima, creare legami, illuminare dall’interno. È lasciare, in chi c’era, qualcosa che non se ne va più.

E questa sera, anche per me, trent’anni dopo quello spettacolo vissuto sul palco alla vigilia della maturità, i ricordi e le emozioni hanno preso il sopravvento.
Mi hanno ricordato che certi momenti non vanno mai via, se li hai vissuti davvero, con il cuore aperto, con l’anima presente.
E allora, nel silenzio dopo l’applauso, ho ringraziato anch’io il mio liceo.
Per avermi dato la possibilità di viverli allora.
E per avermeli fatti rivivere, questa sera, ancora una volta.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *